MODELLI PER LA VALUTAZIONE E LA GESTIONE DEL RISCHIO DI CREDITO

Data inizio
1 settembre 2004
Durata (mesi) 
24
Dipartimenti
Scienze Economiche
Responsabili (o referenti locali)
Berardi Andrea

Il rischio di credito, definito come la probabilità che si verifichi una riduzione del valore di una posizione creditizia a seguito di un peggioramento del merito di credito della controparte debitrice, interessa molteplici attività di una banca come, per esempio, l’attività di prestito e quella di recupero dei crediti in sofferenza, l’investimento in titoli obbligazionari e l’emissione di obbligazioni.
Un’efficace gestione del rischio di credito è quindi una componente essenziale per il controllo del rischio globale dell’attività di una banca e un elemento fondamentale nel determinarne il successo nel medio-lungo periodo.
L’accresciuto bisogno di investitori, banche, società finanziarie e assicurative di controllare i rischi di insolvenza e di downgrading connessi ai loro investimenti ha dato recentemente slancio, da un lato, a nuove tecniche e modelli per la valutazione di titoli soggetti a rischio di insolvenza e, dall'altro lato, allo sviluppo di nuove metodologie per la gestione ottimale dei crediti già entrati in sofferenza e per il calcolo dei tassi attesi di recupero.
Uno dei maggiori problemi nel determinare il pricing di prestiti e obbligazioni riguarda la misurazione della variabile “rischio di credito”, con la quale non si indica soltanto la probabilità che un debitore non sia in grado di far fronte ai pagamenti (interessi o capitale) connessi ad un titolo di debito o ad un prestito bancario, ma anche la probabilità di downgrading del debitore.
Tra i differenti approcci che sono stati proposti per la valutazione del rischio di credito, vi sono quelli che applicano la moderna modellistica della struttura a termine dei tassi di interesse e forniscono una valutazione del rischio di credito basata sugli spread di mercato (modelli in "forma ridotta"). Tali modelli utilizzano metodologie analitiche sviluppate nel contesto della modellistica in tempo continuo della struttura per scadenza dei tassi di interesse e consentono anche di studiare le relazioni tra struttura dei tassi di interesse e ciclo economico, ovvero l'incidenza dei fattori macroeconomici sui rendimenti obbligazionari, siano essi risk-free o soggetti a rischio di default. Sotto questo punto di vista, tali modelli sono quindi particolarmente adatti a studiare le probabilità di insolvenza implicite nei prezzi sia di titoli corporate che di titoli sovrani, quali, ad esempio, quelli emessi da paesi emergenti.
Il perseguimento di un efficace processo di gestione del credito in sofferenza rappresenta certamente uno degli obiettivi primari per una banca. L’attività di recupero dei crediti in stato di sofferenza ha un peso rilevante tanto per l’evoluzione della qualità dell’attivo quanto per le implicazioni di carattere strategico nell’erogazione del credito e nella soluzione delle crisi di impresa.
Nel momento in cui la situazione di insolvenza si manifesta la banca si trova a dover decidere se ricorrere alla via giudiziaria o ad accordi di tipo privatistico. Nel caso delle procedure giudiziarie, i tempi di recupero dei crediti sono generalmente elevati. Nella maggior parte dei casi, l’utilizzo di accordi di tipo stragiudiziale non permette il recupero di un ammontare più elevato rispetto alla soluzione giudiziale; esso consente tuttavia di accelerare in maniera rilevante i tempi di recupero. Il crescente ricorso ad accordi di tipo privatistico trova quindi una delle sue giustificazioni fondamentali nell’incentivo a evitare i tempi e i costi delle procedure giudiziarie.
Un problema strettamente connesso alla gestione ottimale dei crediti in sofferenza è rappresentato dal calcolo del tasso di recupero atteso da tali crediti, ovvero dal calcolo della cosiddetta Loss Given Default (LGD). In conformità al Nuovo Accordo di Basilea, le banche devono stimare la LGD media di lungo periodo per ciascuna operazione. Le stime devono basarsi su un periodo di osservazione minimo che copra idealmente almeno un ciclo economico completo e, in ogni caso, non inferiore a sette anni (cinque anni per le esposizioni al dettaglio).
Per una banca, il calcolo della LGD su base deterministica implica un considerevole e accurato lavoro in termini di analisi statistico-econometrica del data base storico. La LGD deterministica, tuttavia, rischia comunque di fornire un indicatore non sufficientemente accurato per la determinazione delle perdite future. Infatti, la LGD può essere molto volatile nel tempo, a causa della variabilità ciclica dei tassi di recupero, dei tempi di recupero, della esposizione al momento del passaggio a sofferenza (nel caso, per esempio, di aperture di credito in conto corrente), dei tassi di interesse. Trascurando la volatilità di tali variabili, si potrebbero sotto-stimare, in maniera anche sensibile, le perdite effettive. Al fine di ovviare a tale problema, si richiede di integrare il calcolo della LGD deterministica con stime di LGD di tipo stocastico, ovvero stime ottenute sulla base di un modello statistico-econometrico in grado di descrivere l’evoluzione temporale delle variabili che concorrono a determinare la LGD. Una LGD di tipo stocastico potrebbe inoltre permettere di considerare esplicitamente nel calcolo delle perdite inattese la correlazione negativa, empiricamente verificata, tra tassi di recupero e probabilità di insolvenza. E’ infatti importante per una banca considerare la necessità di sviluppare un modello di stima della LGD che sia coerente con lo schema utilizzato internamente per la determinazione delle probabilità di insolvenza.

Enti finanziatori:

Finanziamento: assegnato e gestito dal Dipartimento

Partecipanti al progetto

Andrea Berardi
Andrea Gamba
Daniele Poiega
Francesco Rossi
Professore a contratto
Alessio Alberto Saretto
Cristina Sommacampagna
Claudio Tebaldi

Allegati

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